Sabato scorso gara a Parigi! Prima volta all’estero, anzi no, per
essere più precisi, prima volta fuori dalla provincia di Roma! Si tratta di una
gara tra circoli sportivi che si organizza a turno nei paesi rappresentati.
Buona la partecipazione: un centinaio di atleti per 11 nazioni.
È quindi una gara diversa da quelle cui sono abituato a
partecipare, perché si corre più per la squadra che per se stessi, anche se
nella corsa in fondo non cambia molto, bisogna lo stesso andare al massimo.
Arriviamo in pullman sul luogo del delitto in un parco appena
fuori Parigi. Non manca molto alla partenza, quindi subito a riscaldarci (perché
fa anche freddino) e a scoprire il percorso.
Sapevo di dover correre un cross, ma in
Italia non mi era mai capitato un percorso simile: anello di 5 km da fare due
volte, di cui una parte su prato appena falciato (solo una striscia per la
gara) con continui saliscendi anche molto ripidi (quindi cross vero); una parte
su un sentiero molto stretto dentro il bosco, con pure un ponticello di legno!
(quindi trail); una parte su asfalto sempre dentro il bosco (quindi strada). Il
pezzo su erba è pieno di buche, quello nel bosco scivolosissimo per il fango. A
questo punto la tattica (che ovviamente mi salterà) è scontata: si spinge dove
il percorso non è pericoloso, si recupera nei tratti difficili.
Sono sulla linea di partenza, non conosco gli altri (tranne
qualche italiano) e visto il percorso, il tempo al km non mi sarà di nessun
aiuto. Unico riferimento sarà la frequenza cardiaca, che devo cercare di
limitare soprattutto all’inizio.
Mi piacerebbe stare all’inizio con i primi per capire il livello,
ma dopo i primi 300 metri capisco subito che i primi sono di un’altra categoria
e li lascio andare. Alla prima curva ad U vedo che sono 11°, ma ipotizzo che
qualcuno possa essere partito troppo forte. Purtroppo mi sa che sono io a
essermi fatto prendere troppo la mano, anzi i piedi!
Finito il prato entriamo
nel bosco in fila indiana, rischio di cadere un paio di volte e quindi rallento
leggermente. Appena usciti dal sentiero, sulla strada, mi passa uno spagnolo
che mi fa “vamos!”. Metto la faccia dell’espertone e gli rispondo “it’s still
long, be patient”, ma lui se ne va tranquillamente e non lo rivedrò più. Faccio
fatica ma per fortuna il paesaggio e tracciato sono così vari che non c’è tempo
di pensarci.
Al quarto km la situazione è quindi la seguente: sono 12°, uno spagnolo (non quello di prima, un altro) davanti di dei 100 mt
e uno che mi respira affannosamente dietro, scoprirò dopo, olandese.
Capisco che posso recuperare sullo spagnolo, quindi provo ad
alzare il ritmo ma sono già in affanno. Siamo in un tratto su sentiero largo ma
in salita e fangosissimo, praticamente si pattina restando quasi fermi. Mi accorgo
che passando nei punti giusti, al limite fuori sentiero, si riesce ad avere più
grip e quindi andare più veloci con la stessa fatica. Dopo poco che applico
questa tecnica non sento più nessuno dietro di me e vedo che recupero anche
sullo spagnolo, ma mi sto stancando molto.
Inizia il secondo giro, cerco di recuperare perché manca ancora
tanto e alla fine del prato si rifà sotto l’olandese. Stiamo per entrare di
nuovo nel sentiero nel bosco, ho quasi preso lo spagnolo ma l’olandese,
tagliando leggermente il percorso mi passa. Quindi si procede in fila indiana
nel single track con lo spagnolo che fa da tappo.
Ecco che il sentiero si
allarga un attimo, l’olandese passa ma io non faccio in tempo, pare il gran
premio di Montecarlo di F1. Quando siamo di nuovo sulla strada quindi passo lo spagnolo
ma ho perso 20 metri dall’olandese, sono sempre 12°. Mi dico che manca ancora
molto e che posso riprenderlo ma in realtà lui va forte e il distacco aumenta.
Rimaniamo alla stessa distanza e riprendiamo il sentiero largo ma fangoso su
cui prima lo avevo staccato.
Ci provo, lavoro di nuovo con i piedi cercando di
fare presa e inizio a riprenderlo. Gli arrivo a 15 metri ma torniamo sulla strada
e ho già dato quasi tutto, risultato: rimango alla stessa distanza fino all’arrivo.
12° assoluto,
tempo che non dice niente di 41’33’’, primo della mia squadra, che purtroppo sarà solo
quarta, vittoria ovviamente alla squadra di casa! Con un paio di elementi
rimasti a casa per vicissitudini varie avremmo potuto fare almeno secondi, sarà
per il prossimo anno.
Per concludere, mi sono divertito e alla fine è l’unica cosa
che conta. Mi sarebbe piaciuto avere un riferimento per capire se l’allenamento
sta dando frutti, sarà per un’altra volta, forse già sabato prossimo.
bravo, bel racconto! (enjoyash)
RispondiEliminaTutto bene ciò che finisce bene!!! Una bella esperienza una buona prova e la condivisione di correre non solo per se stessi.. Cosa vuoi di più?! ;-)
RispondiEliminaniente, va bene così, grazie ;-)
RispondiEliminaAncora una volta... grande Jonathan! Impegno più che probante ed ottimo risultato considerando le difficoltà del percorso (che hai perfettamente descritto). Ti sei divertito - fondamentale! - ed hai dato il più alto contributo alla tua squadra. Dulcis in fundo: esperienza internazionale unica, che rimarrà dentro di te per sempre. Grande!
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