Oggi il primo di una breve serie di post “didattici”, che
non trattano di allenamenti e gare ma della gestione degli infortuni. O meglio, delle mie
personalissime convinzioni su come evitare e affrontare gli infortuni, che
anche se non necessariamente condivisibili, possono sempre essere spunto di
riflessione.
Ritengo la gestione degli infortuni uno degli aspetti fondamentali dell’allenamento running.
Nel lungo termine, infatti, infortunarsi poco conta più di ogni buona tabella
di esercizi.
Ogni volta che ci fermiamo perdiamo parte di quello che
avevamo costruito. Una pianificazione degli allenamenti che ci fa guadagnare
10’’/km in pochi mesi, ad esempio, potrebbe sembrare mirabolante.
Ma se poi è
causa di un infortunio che ci fa stare fermi del tempo, nel lungo termine
magari non porta a risultati così buoni. E’ molto meglio magari migliorare le
prestazioni più lentamente ma senza infortunarsi.
E questo dipende per la
maggior parte da come ci alleniamo, e in misura molto minore dal caso.
Dicevo che quella che descriverò è la mia
metodologia di gestione degli infortuni.
Innanzi tutto svelo la caratteristica che può creare più
“scalpore” e non essere facilmente accettata da tutti: niente medici, analisi,
ecografie, tecar, terapie massaggi, chi più ne ha più ne metta. Medicine solo
in casi rarissimi.
La filosofia che sta alla base è che corro per stare bene
e divertirmi non per stare male e andare dal medico. Se mi trovo nel secondo
caso, ho sbagliato qualcosa: lo correggo, aspetto di essere pronto e ricomincio,
in modo di cercare sempre di stare nel primo caso. Per fare questo, salvo in
rari casi eccezionali, non occorrono medici.
Ma procediamo con ordine:
gestione dell’infortunio nella corsa. Eh sì perché è una
cosa che si deve gestire, non si può eliminare completamente, occorre
conviverci.
Le cause degli infortuni:
Sono convinto che la maggior parte degli infortuni, in
assenza di problemi fisici strutturali, abbia solo quattro possibili cause, che in
ordine di rilevanza sono:
1) Troppa intensità;
2) Aumento del volume troppo veloce;
3) Riscaldamento non adeguato;
4) Scarpe.
1) Troppa intensità significa
una quantità di sedute intense troppo alta per il nostro livello atletico. Un
caso tipico sono le tabelle che vanno per la maggiore su internet e su molti
libri in commercio.
Un piano settimanale di 4 sedute, per esempio, di solito
contiene una sessione di ripetute o fartlek, un progressivo e un paio di lenti
di cui uno lungo. Se va bene. Poi i lenti si dice di farli a ritmo gara 10km +
40’’, caso tipico. Ebbene anche un piano di questo tipo, che potrebbe sembrare
“leggero”, in realtà è molto pesante. Per moltissimi atleti, soprattutto i
principianti, si tratta di quattro sedute intense, senza il necessario recupero
in mezzo.
Per non parlare poi dei piani settimanali che contengono due sessioni
di ripetute, corto veloce, progressivo e magari qualche salita! Un suicidio
atletico. Soprattutto all’inizio, non c’è nemmeno bisogno d’intensità per
migliorare. Ma anche quando si è già a un buon livello, non si dovrebbe
eccedere con l’intensità.
Già questo punto è probabilmente responsabile di più del
50% degli infortuni.
2-Volume: fare tanti chilometri a bassa intensità è
utile. Ma a bassa intensità e arrivandoci gradualmente, dando il tempo all’organismo
di abituarsi.
E’ il classico errore del principiante, che passa dal
divano a 4-5 sedute da 5-10 km a settimana. Infortunio quasi certo. Ma è anche
l’errore di chi vuole recuperare troppo in fretta dopo un periodo d’inattività
o di chi semplicemente vuole fare di più subito.
I volumi, quindi, vanno
aumentati gradualmente e stabilizzati. C’è chi parla di 10% di km in più da una
settimana all’altra. Può essere una buona indicazione, ma dipende anche dall’intensità
e dal livello di preparazione.
Meglio introdurre chilometri a sforzo molto
basso, poi quando l’organismo si è abituato al nuovo carico si può aumentare
opportunamente lo sforzo.
3-Riscaldamento: prima dell’allenamento occorre
riscaldarsi bene, sempre! Soprattutto se si deve fare un lavoro intenso ma
anche quando si deve fare un lento.
Venti minuti, l’ideale. Corsetta a ritmo
blandissimo, quasi sul posto. Stretching statico e dinamico. Drills (googolate
se non sapete cosa sono). Allunghi senza contrarsi sempre prima di una sessione
veloce.
E con questi primi tre punti abbiamo già coperto quasi la
totalità degli infortuni. Un’ulteriore percentuale, ma minore rispetto ai primi
due punti, è da attribuire alle scarpe.
4-Scarpe: qui ho una teoria personale. Per
sintetizzare: ogni scarpa causa il suo problema, subito o quando ormai è
“scarica”.
Correre sempre con lo stesso paio di scarpe prima o poi vi causerà
un fastidio. Meno probabilmente, un infortunio serio.
L’alternanza tra più paia
di scarpe, anche non nuove, risolve questi problemi.
Attenzione ai lunghi:
vanno fatti con scarpe ancora efficienti, non dico nuove ma almeno ancora “cariche”.
Infine rimane una percentuale a mio avviso quasi
trascurabile d’infortuni dovuti alla casualità. Esempi potrebbero essere una
distorsione oppure una caduta. E su questi si può fare poco. Ma non sono tanti
però!
E ora veniamo alla metodologia di gestione
dell’infortunio vera e propria.
Bisogna considerare tre fasi.
1-Quando si è sani;
2-Quando si è infortunati;
3-Quando si è guariti.
Parlerò di queste fasi e di come comportarsi nel prossimo
post “didattico”.
Molto interessante e per niente banale. Grazie, Jonathan!
RispondiEliminaInteressante davvero. Seguo con attenzione.
RispondiEliminaCiao, concordo su tutto. io mi feci male per il caso n. 1, un mese di stop e fastidi per altri 3-4 mesi a seguire alla caviglia. Per quanto riguarda il riscaldamento, per la mia esperienza 20 minuti son anche troppi se in programma c'è una corsa lenta...io ne faccio una decina, di cui 3-4 con esercizi da fermo e camminata veloce, e altri 6-7 (1000-1200 metri) di corsa blanda in progressione fino a giungere al passo in programma. Ciao! enrico "enjoyash"
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