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mercoledì 16 dicembre 2015

Armstrong, uno di noi!



Il titolo di questo post è volutamente provocatorio: sono contrario al doping e considero profondamente sleali coloro che ne fanno uso.

Per quanto mi riguarda, la prima regola dello sport è che la vittoria ha valore solo battendo l’avversario lealmente, dimostrandogli di essere il più forte. E questo si può fare solo se si è leali, quindi senza ricorrere a scorrettezze di nessun genere (ingannare l’arbitro, sfruttare una distrazione, doparsi). 

Considero per questi motivi il rugby lo sport per eccellenza: per il rugbista, infatti, vincere slealmente è un disonore.

Ma, signora, lo so che Armstrong, l’ex ciclista vincitore di sette Tour de France, è stato squalificato a vita per doping! Perché “uno di noi”, allora? 

Adesso cerco di spiegarlo, calma eh.

Dunque, ieri mi è saltata all’occhio la notizia della vittoria di Armstrong in un trail in Texas (casa sua) di 35 km con 1000D+ corso in circa 3 ore. 

L’articolo del corriere della sera, piuttosto impreciso, usava il termine “stravince”, perché il secondo è arrivato due minuti dopo. Ovviamente il giornalista mastica poco di running, perché due minuti in una gara di quel tipo e su tre ore di corsa non sono quasi niente, avrebbe “stravinto” se fosse arrivato mezzora prima!

E poi si dà spazio alla polemica, of course. Gli altri atleti sarebbero rimasti “indignati” perché l’organizzazione ha concesso di partecipare a un imbroglione, che non merita una seconda chance, e così via.

L’organizzatore, di cui viene riportato il commento per intero, premettendo che la partecipazione del nostro non era stata pubblicizzata (quindi niente guadagni extra per l’organizzazione), che la gara non dava premi in moneta e che non ricadeva in quelle vietate sempre al nostro, pone poi una domanda ai sostenitori della polemica. 

Chiede l’organizzatore: “Cosa avreste pensato se non avesse vinto Armstrong?”. 

Volendo intendere, non avreste avuto sospetti su un altro vincitore? Visto che in questo tipo di competizioni non si fanno controlli antidoping di alcun tipo, pensate che tutti siano “puliti”?

La risposta è sicuramente no, è noto infatti che anche tra gli amatori è diffuso l’uso di sostanze “proibite”. Delle volte anche io mi chiedo: “chissà tra quelli che mi sono arrivati davanti quanti sono veramente “puliti”?

Per gli organizzatori, quindi, Armstrong non deve essere considerato “diverso” dagli altri, ma anzi sarebbe ingiusto negargli la possibilità di divertirsi a causa del suo passato di dopato.

Non ho una posizione decisa sul merito: capisco le polemiche ma anche la risposta dell’organizzazione (non sono sicuro se davvero sentita o se di circostanza) ha comunque senso.

Ma allora perché ho titolato “Armstrong, uno di noi”? 

Ecco, perché la cosa che mi ha colpito di più di tutta la vicenda è stato il twitter di Armstrong stesso, riportato senza nessuna enfasi dal giornalista:

Can't remember the last time I had this much fun suffering for 3 hours.

La frase mi ha trasmesso il suo piacere di fare sport e di gareggiare, a prescindere dal titolo o premio in palio, dall'essere famosi. È quella sensazione che ti fa dimenticare la fatica dell’allenamento, la sveglia presto, il freddo o il caldo.

Sono lo sport e la gara in sé a divertirlo, esattamente come succede a me e credo a tanti di noi “runners”.

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