lunedì 7 dicembre 2015

Ipse dixit 2 - Verso l'infinito (e oltre)



Seconda puntata della nuova rubrica del blog: i luoghi comuni del running.

Oggi le deliziose critiche del vostro affezionatissimo sono dedicate a un articolo segnalato da un lettore, nei commenti della primapuntata della rubrica.

Si tratta di un pezzo apparso ancora su Runner’s Wolrd, stavolta edizione cartacea, quella di ottobre 2015 (pg.92-95), dall’altisonante titolo “Verso l’infinito (e oltre)”, firmato nientepopodimenoché da Fulvio Massini, uno dei “mostri sacri” per i runner 2.0.

Passiamo immediatamente all’analisi, senza perderci in chiacchiere.

Il sottotitolo recita: “come migliorare la tua resistenza e riuscire a correre sempre più lontano e anche più forte.” Bene, sembrerebbe della serie “la botte piena e la moglie ubriaca”, ma in realtà anch’io penso che questa cosa si possa fare, vediamo il contenuto allora. 

Il nostro Fulvio inizia con un pistolotto filosofico su cosa s’intenda per corsa di resistenza per dire che è più corretto chiamarla “endurance” (vabbè) e che con quel termine intende una corsa compresa tra gli 8-10 minuti e più di una o due ore, in cui occorre ossigeno e si bruciano principalmente grassi. 

Perfetto, è proprio il range coperto dal mio metodo. Interessante. Andiamo avanti.

Primo paragrafo: “gli effetti dell’allenamento di endurance”.  

Vai Fulvio, vai. Un po’ di fisiologia spiccia, grassi, zuccheri, ossigeno, si citano i mitocondri, fibre muscolari lente (ST) e veloci (FT) (vabbè, di veloci ce ne sono di due tipi, diverse, ma capisco che in 4 pagine non si può dire tutto). Poi si dice che “quando vengono arruolate le fibre veloci l'organismo fa molta fatica, sia fisica che mentale”. Vero. Ma poi, “è quanto accade, ad esempio, quando s'incontra il cosiddetto “muro del maratoneta". E che c’entra? Mah. Vabbè poteva spiegarsi meglio, per il momento gliela passiamo, dai. 

Un altro fenomeno da conoscere è quello della capillarizzazione. L'attività di endurance fa si che l’ossigeno raggiunga una maggior quantità di superficie muscolare e che venga utilizzato un maggior numero di fibre per fini energetici, aumentando così la possibilità di correre a lungo. Il cuore, la pompa di sangue del nostro organismo, si adatta a questa diversa e maggiore richiesta di energia aumentando l’efficacia e abbassando il numero di pulsazioni al minuto necessarie a mandare in circolo il sangue.”

Ohhh, qui ci sono gran parte degli aspetti più importanti per la fisiologia della corsa, anche se troppo sintetizzati (e ci starebbe pure su RW) e anche mal concettualizzati

Proviamo a fare ordine: non è che l’attività di endurance fa si che l’ossigeno arrivi a più fibre. L’attività di endurance provoca una serie di adattamenti fisiologici, tutti insieme, per fare in modo che il fisico sia più adatto alla corsa (cioè più veloce e più resistente). 

Quindi i muscoli si modificano in modo da poter sfruttare un numero maggiore di fibre, meglio allenate, con più riserve di grassi e glicogeno. Per utilizzare questo maggior potenziale occorre più ossigeno, e il corpo si adatta ad esempio con una migliore capillarizzazione e con una maggiore efficacia della pompa-cuore. 

Più chiaro, eh signora? Ho usato anche meno parole di Fulvietto.

Proseguiamo. Secondo paragrafo: “serve a tutti?”.  

Siii, Fulvio dice che serve proprio a tutti i runner! E poi usa la metafora della casa, con la costruzione aerobica paragonata alle fondamenta! Evvai! È proprio il mio pensiero. Estasi. 

E via con un elenco di tutti i risvolti positivi dell’allenamento aerobico, molti condivisibili, alcuni (es. migliora la capacità di risolvere i problemi) non proprio attinenti al tema, vabbè poco importa. Infine si torna a dire che l’allenamento aerobico serve proprio a tutti, sia ai principianti, sia a tutti gli altri runner, qualsiasi sia il loro livello

Bene, fin qui, interessante, c’è stata qualche imprecisione, ma il concetto fondamentale dell’allenamento aerobico come strumento imprescindibile per qualsiasi, ripeto qualsiasi, tipo di runner, è stato enunciato

Benissimo, sono soddisfatto e adesso incuriosito del “come” metterlo in pratica. Vai Fulvio, non ti ricordavo così “aerobically correct”, stupiscimi ora!

Terzo paragrafo: “una questione di fiato”.  

Secondo il nostro, per allenare l’endurance bisogna correre con una respirazione facile, sistema perfetto per i principianti mentre i più esperti dovrebbero dare un occhio anche al ritmo. 

Per quanto, concordi che il lento vada fatto con una respirazione facile, non sono per niente dell’idea che questo sia un sistema adatto ai principianti. Per chi inizia a correre, la sensazione del “facile” è a un ritmo troppo elevato, vicino al ritmo maratona, assolutamente fuori target. Semmai i più esperti sono in grado di rendersi conto meglio dello sforzo che stanno sostenendo.

Poi, fa un esempio col ritmo: se di solito il facile equivale a un 5’30’’/km ma un giorno si respira facile a 5’20’’/km si può tenere quel ritmo. Ripeto, le sensazioni spesso ingannano.

Per chiudere il paragrafo, d’emblée  si introduce il concetto di VR, cioè più o meno il ritmo gara dei 10km, secondo il nostro la soglia anaerobica. Non lo può essere ovviamente per tutti: gli élite vanno sopra la soglia nei 10km, i tapascioni molto sotto…

Quarto paragrafo: “come diventare più resistenti”.  

Eccoci finalmente arrivati al “come”. Le premesse sono parzialmente condivisibili, vediamo ora come Fulvio consiglia di mettere in pratica. 

I mezzi di allenamento per l’endurance sarebbero: lento, lunghissimo e cross training. Mah, secondo me già manca il medio e il cross training non serve, ma andiamo avanti.

Quinto paragrafo: “il lento”.  

Ne descrive tre versioni. Vai, Fulvio, vai.

“1) Lento classico: è il mezzo più importante”. Si. “Va corso a un ritmo tra i 40 e i 50 secondi al km più lento rispetto alla VR”, noooo, “e la sua lunghezza può variare dai 10 ai 22 km”. 

Ma a quel ritmo (per me sarebbe 4’20’’- 4’30’’/km) altro che respirazione facile! Si va dritti senza dire una parola. “Nel programma va inserito il giorno prima o il giorno dopo i lavori impegnativi o le gare.” 

Ehhhhh? Cioè dopo una gara ti spari 22 km a quel ritmo??? Il giorno dopo come minimo ti ricoverano d’urgenza, tendine d’achille, bandelletta, piriforme, contratture, chi più ne ha più ne metta, signora! 

Poi “se necessario…si possono pianificare più giorni consecutivi di lento”. Si, direttamente tra i reparti ortopedia dell’ospedale.

2) lento con variazioni”. Sarebbe utile per i runners evoluti, che dovrebbero qualificare il lento. Per esempio 4x(3km a VR+40’’ + 1km a VR+30’’), 16 km a tutta praticamente. Vabbè, quindi ancora peggio del lento classico.

3) lento di rigenerazione”: 60-70 secondi più lento della VR. Meno male, già un po’ meglio. Ma andrebbe usato solo come recupero dopo le gare. Invece, secondo il vostro affezionatissimo, andrebbe usato come base giornaliera, magari se serve anche più lento.

Sesto paragrafo: “il lunghissimo”.  

Sarebbe un lento classico, ma sopra i 25 km. Servirebbe perlopiù a maratoneti e ultramaratoneti, ma anche a chi prepara distanze più brevi, ma, chicca, purché a non meno di 8 settimane dalla gara! Si vabbè, l’anno prima. 

Qualche variante di colore: chi è in sovrappeso può camminare un po’ ogni 4-5 km; chi non ha tempo può spezzarlo in due allenamenti più corti nello stesso giorno. Ma anche in tre parti, signora, se non ha proprio tempo: la mattina per andare a fare la spesa al mercato, a pranzo per prendere i figli a scuola e la sera per portare il cane a fare la pipì, che ci vuole signora, suvvia!

Settimo paragrafo: “l’opzione cross training

È per quelli che si fanno male! E ce credo con quell’intensità, tutti i follower di Fulvietto prima o poi ricadono in questa casistica. C’è una chicca in questo paragrafo: “correre a lungo a basse velocità può creare problemi a schiena, tendini e articolazioni”. 

Ah sarebbe una questione di meccanica! E poi bassa velocità VR+40’’? E alta velocità cosà sarebbe, Bolt? Semmai è la troppa intensità la causa degli infortuni, caro Fulvio.

Ottavo paragrafo: “la perdita di velocità”.  

Dopo questi allenamenti, secondo il nostro le gambe diventerebbero legnose. Io direi esauste. Fulvio consiglia allunghi. Eh si, un toccasana.

Poi, “gli allenamenti di endurance tendono a far perdere forza”, e giù con gli esercizi e le salite. Casomai questi allenamenti ti sfiniscono, non è una questione di forza.

Nono paragrafo: “l’errore da non fare

Sarebbe che non bisogna strafare. E certo coi ritmi consigliati, ci mancherebbe. Ma Fulvio poi mi sembra addirittura iperconservativo: aumentare la corsa più lunga di un solo km a settimana. 

E quando ci arrivi a una maratona, dai Fulvietto. Infine, inserite le ripetute mi raccomando, nient’altro, 100% intensità.

Ultimo paragrafo: “la forza della mente

gli allenamenti di endurance sono davvero molto rilassanti”. Ahahaha, a quei ritmi sono davvero stressanti, ma hai mai provato Fulvio? 

Prova a correre concentrandoti sulla respirazione. Oppure ripetiti mentalmente delle canzoncine che ti piacciono”. Tutti i giorni a quei ritmi, l’unica cosa che ti potresti ripeterti è “ma quando cazzo finisce questo allenamento, ho appena iniziato!”

Passa parola”. Questo chi lo consiglia l’associazione dei fisioterapisti?

Dai Fulvio, dai. Eri partito benino, ma ti sei perso completamente sui mezzi di allenamento.  

Ora capisco il titolo, “Verso l’infinito (e oltre)”, e oltre vuole dire verso il reparto ortopedia dell’ospedale più vicino.

3 commenti:

  1. Non può averlo scritto lui! Caro Jonathan, se faccio l'ultimo lunghissimo 8 settimane prima, il giorno della Maratona ho dimenticato persino che devo correre...

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  2. ahahah bravo Jo...la cosa strana è che in uno dei suoi libri (che ho) non è che dia proprio tutta sta importanza alla costruzione aerobica, nemmeno per i principianti...cioè si, ai principianti dice di fare CRF sempre fino ad arrivare a 90', poi via con le tabelle sexy. Vedo che almeno sta cambiando un po' idea...dai magari fra qualche altro anno si accorge pure lui che un lento a +40/50'' è tutt'altro che lento e con respirazione rilassata...22 km a quel ritmo poi, mi viene male solo a pensarci.

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  3. eh si, ma avrà mai provato a mettere in pratica? Boh!

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